Alimenti

Alimentari: torna in Italia l’obbligo dello stabilimento di produzione in etichetta

Venerdì 17 marzo, il Consiglio dei ministri, su proposta del presidente Paolo Gentiloni, ha approvato lo schema di decreto attuativo che reintroduce l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione o confezionamento in etichetta dei prodotti alimentari.

Questa norma era già sancita dalla legge italiana, ma successivamente era stata abrogata per il riordino della normativa Ue sull’etichettatura.

L’Italia ha stabilito la reintroduzione per garantire “la rintracciabilità immediata degli alimenti da parte degli organi di controllo”.
Il decreto si riferisce ai prodotti alimentari preimballati destinati al consumatore finale e prevede un periodo transitorio di 180 giorni per lo smaltimento delle etichette già stampate e fino a esaurimento dei prodotti etichettati ma già immessi in commercio prima dell’entrata in vigore. Inoltre saranno rafforzate le sanzioni e un ruolo fondamentale spetterà al Dipartimento dell’Ispettorato della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari.

Questo provvedimento – ha detto il ministro Martina – si inserisce nel lavoro che stiamo portando avanti per dare massima informazione ai cittadini sugli alimenti. Per questo abbiamo voluto inserire di nuovo l’obbligo di riportare in etichetta lo stabilimento di produzione dei cibi. Diamo una risposta anche alle tante aziende che lo hanno chiesto e hanno continuato a dichiarare lo stabilimento di produzione nelle loro etichette. Porteremo avanti la nostra battaglia anche in Europa. La valorizzazione del nostro modello agroalimentare passa anche da qui”.

L’obbligo di specificare lo stabilimento di provenienza sull’etichetta dei prodotti alimentari era stato sancito in passato dalla legge italiana (lo prevedeva il D. Lgs 109/92) ma poi è stato abrogato, a seguito dell’entrata in vigore il 13 dicembre 2014 del Regolamento Ue 1169/2011 sulla nuova etichettatura dei cibi.

La normativa europea, infatti, si limitava a imporre l’obbligo di indicare solo il responsabile legale del marchio, che non serviva a identificare esattamente la fabbrica nella quale veniva elaborato il prodotto. L’indicazione della fabbrica, così, diveniva facoltativa. A guadagnarci soprattutto le grandi multinazionali europee della distribuzione, non più costrette a fornire questa indicazione sul luogo di produzione e quindi non passibili di alcuna sanzione.

Ora l’Italia, danneggiata da questa decisione, prova a introdurre di nuovo un rimedio.