Povertà alimentare, il malessere degli adolescenti privi di scelta.
ActionAid analizza il fenomeno della povertà alimentare fra gli adolescenti. E denuncia “il malessere invisibile di non poter scegliere”. Il tema non è solo assenza di cibo ma anche assenza di scegliere cosa, dove e con chi mangiare.
La povertà alimentare non è solo assenza di cibo. Non è solo un piatto vuoto, o con pochi alimenti. È anche esclusione, perdita di dignità, rinuncia alla socialità che si fa molto più acuta quando le privazioni di un cibo, di una festa fra gli amici, di una pizza fuori casa, riguardano gli adolescenti.
La povertà alimentare colpisce circa 11% della popolazione adulta, quasi 6 milioni di persone, ricorda ActionAid, ma non è legata solo alla grave indigenza. Riguarda anche famiglie che vivono al di sopra delle soglie di povertà Istat.
La povertà alimentare, spiega ActionAid, non è solo privazione di cibo ma anche di opportunità e di benessere psicologico. È un vuoto delle scelte, di possibilità di scegliere cosa, dove e con chi mangiare. Lo raccontano le testimonianze degli adolescenti, le loro rinunce, la responsabilizzazione precoce e la solidarietà orizzontale che si crea fra loro.
“Il malessere invisibile di non poter scegliere. Secondo rapporto su adolescenti e povertà alimentare in Italia” è il dossier realizzato da ActionAid insieme all’Università degli Studi di Milano e Percorsi di Secondo Welfare nell’ambito del progetto DisPARI. Al centro le voci di ragazze e ragazzi nelle aree metropolitane di Milano, Roma e Napoli.
Anche per gli adolescenti, spiega l’associazione, la povertà alimentare ha una dimensione sociale. Diventa impossibilità di partecipare a una festa, o rinuncia personale a qualche cibo particolare. Alcuni adolescenti rivedono le loro priorità, provano preoccupazione per i genitori, imbarazzo o senso di colpa. Fanno rinunce. Questo li conduce a una forte consapevolezza e a una adultizzazione precoce.
La povertà alimentare, spiega ActionAid, riguarda dunque relazioni sociali, identità personale, possibilità di scelta. Quando si parla di povertà alimentare in questo modo, l’attenzione si sposta al “quanto si mangia” alla possibilità effettiva di scegliere cosa, come, quando e con chi mangiare.
“Quando la scelta manca, il disagio si traduce in esclusione dalla socialità e perdita di dignità, con ricadute su autostima e benessere psicologico”, spiega l’associazione, che ha diffuso il dossier in vista della Giornata mondiale dell’alimentazione del 16 ottobre.
Dalle interviste raccolte dall’associazione emergono allora rinunce silenziose e strategie per normalizzare la mancanza di opportunità. C’è chi evita inviti e momenti conviviali “per non pesare”, chi dice “non ho fame” per lasciare cibo ai fratelli, chi si prende cura dei più piccoli o cucina per la famiglia. “Spero di avere un futuro migliore della mia adolescenza”, afferma un’intervistata, riassumendo l’impatto emotivo di una privazione che non è solo materiale.
«Quando si rinuncia a una pizza con gli amici o si evita un invito per vergogna di dover ammettere che non si può, non è solo una rinuncia ma una frattura nella socialità, che può lasciare segni sulla dignità e sul benessere psicologico di ragazzi e ragazze», afferma Monica Palladino, curatrice della ricerca qualitativa per DisPARI.
Anche la dimensione di genere è evidente: il carico di cura e i sacrifici gravano in particolare sulle madri, che fanno scudo alle mancanze quotidiane, rinunciando per prime per non farle pesare sui figli. “Mi capitava anche da piccola che magari quando avevamo poco cibo dicevo: ‘mamma ho ancora fame’; e lei mi dava metà del suo piatto dicendo: ‘tieni amore, non ho fame’.” Sono scelte interiorizzate, come parte del ruolo di protezione, che tengono insieme il quotidiano al prezzo della rinuncia personale.
Per sostenere davvero gli adolescenti, spiega ActionAid, occorre andare oltre la sola distribuzione di cibo. Esperienze già in campo, mense scolastiche inclusive e progetti di quartiere, mostrano che coinvolgere scuole, famiglie e comunità restituisce ai ragazzi un ruolo attivo e uno spazio di crescita. Servono interventi capaci di agire sulle diverse dimensioni della povertà alimentare, che non riguarda solo chi vive in gravi condizioni di deprivazione, e sul benessere.
«Servono politiche strutturali di protezione sociale come reddito, casa, lavoro dignitoso e servizi essenziali, affiancate da mense scolastiche universali e da politiche alimentari capaci di garantire a tutte e tutti accessi a cibo adeguato e di qualità. Sul territorio ci sono esperienze importanti di solidarietà e innovazione, ma non basta rafforzare le filiere dell’assistenza: serve un welfare più forte, capace di garantire diritti e non solo di rispondere ai bisogni».