Uova :meno 40% sugli scaffali.

Continua la crisi delle uova nei supermercati che mette a rischio la produzione di lavorati, come il panettone in piena campagna natalizia, e che ha portato, da un mese a questa parte, a un notevole aumento dei pezzi. Il taglio delle uova dagli scaffali oscilla tra il 30 e il 40% e la causa sembra ancora essere il Fipronil, che già un mese fa aveva portato a un -10%.

Dunque il calo della produzione nazionale deve il suo effetto alle misure cautelative adottate per garantire la qualità e la sicurezza, dopo i casi di aviaria e fipronil scoppiati in Europa, sta causando un “buco” di oltre 100 milioni di uova al mese in un momento in cui si registra un forte aumento della domanda a livello industriale per la preparazione dei tipici dolci di Natale.

Si aggiunge l’influenza aviaria, che è tornata a manifestarsi in Europa sotto forma di diversi ceppi: non più solo H5N1, ma anche H5N2, 5, 6 8 e 9. I rincari al dettaglio in alcuni casi hanno raggiunto quota +100%, con prezzi raddoppiati nell’arco di pochi mesi; incrementi che seguono il rialzo delle quotazioni all’origine in Italia, cresciute nell’ultima settimana di novembre del +57,4% rispetto allo stesso periodo del 2016”.

I rincari fanno seguito al calo della produzione, con una presenza di uova sul mercato italiano ridotta del -35%; percentuali molto più elevate si segnalano per quelle biologiche. La vicenda Fipronil, insetticida vietato sugli animali destinati all’alimentazione, ha infatti portato all’abbattimento di migliaia di galline e alla messa in sicurezza di molti allevamenti, con ripercussioni sulla produzione”.

La preoccupazione emerge da una analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che gli italiani consumano in media circa 215 uova a testa all’anno, di cui 140 in quanto tali, mentre le restanti (circa 1/3) sotto forma di pasta, dolci ed altre preparazioni alimentari.

“La minore disponibilità sul mercato, dove si registrano anche casi di scaffali vuoti nei supermercati – sottolinea Coldiretti -, sta avendo come risultato un aumento dei prezzi che alla produzione hanno fatto registrare a novembre una crescita del 55,6%, per un importo medio di 14,2 euro ogni cento pezzi, secondo le ultime rilevazioni Ismea”. A cambiare, aggiunge l’organizzazione agricola, sono anche “le modalità di acquisto con una decisa tendenza a rivolgersi direttamente agli allevatori nelle aziende agricole o nei mercati contadini, ma anche a scegliere maggiormente produzioni biologiche o allevate a terra”.

Sulle uova in guscio è presente l’indicazione di origine ma è necessario – aggiunge infine Coldiretti – migliorarne la visibilità e la leggibilità non limitandosi ai codici di difficile leggibilità”.

 

Il problema è diffuso in tutte le principali catene della grande distribuzione organizzata, Esselunga, Pam, Simply, Coop e Carrefour, per citarne solo alcune: c’è penuria di uova in Italia proprio mentre la Francia è colpita dalla crisi del burro.

La carenza di uova nasce dall’allarme Fipronil, il pesticida usato negli allevamenti che, solo in Italia, ha messo a riposo forzato 4 milioni di galline. Ma non è solo questo il nodo della questione.

Secondo Assoavi (associazione di categoria che raccoglie il 70% degli operatori) manca il 10% delle uova e la situazione è destinata a perdurare sino all’anno nuovo. Oltre al problema del fipronil che ha colpito centinaia di allevamenti in Europa (in Italia dal 24 agosto ad oggi si registrano 70 interventi) ci sono altre due questioni importanti. La prima è l’influenza aviaria che dopo avere colpito l’Europa e arrivata da qualche settimana anche in Pianura Padana provocando la chiusura di 34 allevamenti avicoli”.

Per quanto riguarda l’aviaria, sono stati colpiti anche gli allevamenti di tacchini e per riportare in produzione una struttura occorrono sei mesi. Infine c’è la questione gabbie per le galline ovaiole e quelle allevate a terra, ma all’interno di strutture, boicottate dai consumatori e da una parte della grande distribuzione, come Coop, questo ha portato un’ulteriore flessione della produzione.

A fronte della crisi di produzione i prezzi stanno salendo vertiginosamente. Questo però non viene rilevato ancora dal consumatore perché la maggior parte degli allevatori (80% del mercato europeo) stipula un contratto dove il prezzo viene fissato per tutto l’anno.