Prestito vitalizio

C’era una volta la nuda proprietà. Dal 2 aprile è entrato in vigore il decreto attuativo che consentirà agli over 60 di chiedere un finanziamento dando in garanzia la propria casa, e di restituirlo solo dopo la propria morte. Niente rate mensili, ma un rimborso integrale in una sola soluzione che toccherà agli eredi restituire.

Non proprio un regalo, insomma, perché chi eredità ha una doppia scelta: lasciare che l’istituto di credito o la società finanziaria entri in possesso dell’immobile, oppure venderlo, restituire il debito e dividere ciò che resta. Se gli eredi non ci sono o non si mettono d’accordo, va da sé: la casa va alla banca.

La norma esiste già dal 2005, ma l’assenza di una vera e propria regolamentazione, che è invece stata inserita con un decreto attuativo in vigore da domani, lo renderà, di fatto, di più facile applicazione.  Il testo del decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale è frutto di un tavolo di confronto tra ministero dello Sviluppo economico, l’Associazione bancaria italiana (Abi) e le associazioni di consumatori. Con le nuove condizioni questo prestito si può rivelare utile per gli anziani che hanno bisogno di denaro, anche più vantaggioso della nuda proprietà. Alla morte del contraente, infatti, non è detto che gli eredi perdano automaticamente l’immobile.

Il prestito vitalizio ipotecario può essere richiesto da chiunque possieda un immobile di residenza e abbia compiuto i 60 anni. La richiesta può però essere avanzata solo una volta e solo sulla prima casa. Una volta fatta la perizia e stabilito il valore dell’immobile, è calcolato l’importo massimo erogabile, che parte dal 15% e comunque non potrà superare il 50% del valore dell’immobile.

Se si possiede una casa del valore di 200.000 euro, si potrà richiedere un prestito di massimo 100.000 euro. La cifra è calcolata in base all’età del richiedente: più e giovane e più bassa è la percentuale, perché più tardi la banca si vedrà restituire la somma erogata.

Quanto agli interessi, il decreto non prevede differenze rispetto ai mutui tradizionali. Il finanziamento potrà essere a tasso fisso, variabile o variabile con tetto massimo, anche se le esperienze passate lasciano prevedere che gli spread saranno ben più alti di quelli posti sui mutui prima casa (che oggi sono spesso sotto al 2%).

Per evitare sorprese il decreto impone alla banche di presentare ai clienti, 15 giorni prima della stipula del prestito, un documento informativo che illustri le condizioni economiche nel dettaglio e in maniera facilmente comprensibile, e un prospetto che mostri l’andamento del finanziamento (e quindi il debito maturato alla morte del contraente) ipotizzando una durata minima di 15 anni.

Va detto, a questo proposito, che chi chiede il finanziamento può decidere prima di estinguere il suo debito, o concordare con l’istituto di credito il rimborso graduale delle spese e degli interessi, così da ridimensionare la cifra e non gravare sugli eredi.

Che cosa succede alla morte del contraente? Se è sposato o convive more uxorio da più di 5 anni e il suo convivente aveva più di 60 anni al momento della stipula, il contratto resta in essere fino alla morte di quest’ultimo e la durata del prestito si allunga, in caso contrario gli eredi hanno 12 mesi di tempo per decidere cosa fare. Estinguere il debito nei confronti dalla banca e liberare l’immobile dall’ipoteca; vendere l’immobile ipotecato o lasciare che la banca mutuataria lo venda da sé.

In questa terza ipotesi, l’erede ha diritto ad avere la differenza tra il prezzo con cui è stata venduta la casa, e il debito.