PIL IN CALO E CONSUMI FERMI.
Secondo le stime preliminari ISTAT, nel secondo trimestre 2025 l’economia italiana ha registrato una flessione del PIL dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, con un rallentamento anche della crescita tendenziale annua (0,4% contro lo 0,7% del primo trimestre).
L’analisi evidenzia una frenata nei comparti agricolo e industriale, mentre i servizi restano sostanzialmente stabili. La componente nazionale della domanda è in leggera crescita, ma quella estera subisce un calo marcato. La crescita acquisita per l’intero anno si ferma allo 0,5%.
Tutto questo prima dell’accordo sui dazi.
Proviamo quindi a parlare di dazi e di come le decisioni del presidente americano Trump porteranno effetti negativi sui consumatori italiani. Molti sono in questo momento disattenti riguardo a questo problema non rendendosi conto “per ora” che i dazi Trump sono un terremoto che arriva dritto sugli scaffali del supermercato, dentro le nostre case nella tenuta dei livelli occupazionali e persino forse nel futuro professionale dei nostri figli.
Chi pensa che queste misure protezionistiche non ci tocchino, scoprirà presto che quando il “made in Italy” perde terreno all’estero, a pagarne il prezzo saremo tutti noi, meno esportazioni significa meno fatturato per le aziende italiane, meno posti di lavoro e, di conseguenza, meno reddito disponibile per tante famiglie
Le esportazioni di merci italiane verso gli Usa valgono 65 miliardi. La soglia del 15% raggiunta negli accordi è più che tripla rispetto alla tariffa base del 4,8%
L’accordo con Trump colpisce le nostre imprese proprio in una fase in cui la spinta verso i mercati esteri stava crescendo molto intensamente. Negli ultimi cinque anni le esportazioni italiane nel mondo sono aumentate del 30%, arrivando a 623 miliardi di euro nel 2024, con il surplus della bilancia commerciale giunto a 55 miliardi, quasi 20 in più rispetto all’anno precedente.
Per buona parte delle merci italiane i nuovi dazi Usa all’importazione triplicano rispetto alla tariffa base del 4,8%, e potrebbero risolversi in un aumento del costo finale per i consumatori americani tale da mettere fuori gioco i nostri prodotti. A meno di non farsi carico, con gli sconti, di una parte dei maggiori costi, che si tradurrebbe in una riduzione dei margini di profitto per le imprese.
Secondo una previsione realizzata dallo Svimez, l’intesa potrebbe portare comprendendo nelle tariffe anche il settore farmaceutico a una riduzione del Pil pari a 6,296 miliardi, cioè 0,3%, e una diminuzione delle esportazioni che arriverebbe fino a 8,627 miliardi, cioè un -14%. Questi dati sarebbero accompagnati anche da numeri molto negativi per il mercato del lavoro: si stima infatti un calo delle unità di lavoro di 103.892, cioè un -0,4%
L’accordo su dazi tra Usa e Ue potrebbe infatti arrivare a pesare fino a 4,2 miliardi di euro sulla spesa delle famiglie.
Guardando invece al differente impatto che i dazi avranno sul territorio, le stime indicano che per il Sud Italia si avrebbe una riduzione delle esportazioni di 705 milioni di euro (-11%), del Pil di 482 milioni (-0,1%) e di 8.519 unità di lavoro (-0,12%). Mentre la Lombardia sarebbe la regione che registrerebbe l’impatto più significativo: la perdita complessiva di Pil dovuta alle tariffe al 15% sarebbe per un quarto registrata qui, con una diminuzione di 1.576 milioni di euro su 6.296 complessivi.
Inoltre, dicono ancora le stime di Svimez, si concentra in Lombardia anche un quarto delle esportazioni che si perderebbero (2.161 milioni) e un quarto delle unità di lavoro perse (25.999 su quasi 104mila in meno in Italia). Guardando invece ai settori più colpiti nel Mezzogiorno l’agroindustria perderebbe 234 milioni di esportazioni su una perdita attesa nel complesso nella regione di 705 milioni, seguita dalla farmaceutica (-133 milioni) e dalla meccanica (-85). La sola Campania perderebbe 268 milioni di esportazioni concentrate per quasi la metà (il 46%) nell’agroindustria (-123).
A pesare ulteriormente sui prodotti Ue venduti negli Stati Uniti contribuisce anche l’andamento del tasso di cambio dollaro euro. Dall’insediamento di Trump (20 gennaio) a oggi, il dollaro ha perso il 13% del suo valore rispetto all’euro. Si tratta dunque di una sorta di dazio aggiuntivo, dato che il deprezzamento del dollaro costringe gli esportatori a “scegliere tra mantenere invariati i prezzi in dollari abbassando quelli in euro (e dunque i propri ricavi), o rischiare di perdere competitività”.
Rischio aumento dei prezzi
L’accordo su dazi tra Usa e Ue potrebbe arrivare a pesare fino a 4,2 miliardi di euro sulla spesa delle famiglie.
Quindi non saranno solo il Pil e l’occupazione a essere colpiti dai dazi, le minori esportazioni delle impese italiane ed europee verso gli Stati Uniti determineranno sicuramente una riduzione dei loro profitti per miliardi di euro. Una situazione che se si realizzerà spingerà i produttori ad aumentare i prezzi sui propri mercati di attività per compensare le perdite.