Spreco alimentare, studio Crea: le famiglie buttano via il 4,4% del cibo comprato in una settimana.

Arriva il primo studio dettagliato sullo spreco alimentare nelle famiglie italiane. Su un campione rappresentativo della popolazione, risulta sprecato il 4,4% del cibo acquistato in una settimana, con un valore pari al 3,8% della spesa alimentare. Gli italiani tendono a mangiare tutto quello che cucinano e sono sensibili al tema per ragioni etiche ed economiche.

Qual è davvero lo spreco alimentare delle famiglie italiane? E quale il suo valore economico? Viene buttato via il 4,4% del cibo acquistato ogni settimana, con un valore monetario pari al 3,8% della spesa alimentare.

In generale, tutto il cibo cotto viene consumato, determinando una quota generalmente ridotta di avanzi. Tra gli scarti inutilizzati vi è una polarizzazione legata al prezzo e al peso, con alimenti ad alto costo unitario che impattano meno nel peso dello spreco alimentare e alimenti a basso costo unitario che vengono buttati via in grandi quantità. Finiscono sprecati i cibi che costano meno, mentre a quelli più costosi si fa più attenzione.

Sono i risultati di uno studio del Gruppo di ricerca dell’Osservatorio sprechi alimentari del CREA, pubblicato sulla rivista internazionale Foods (Food Waste of Italian Families: Proportion in Quantity and Monetary Value of Food Purchases )  che ha cercato di valutare lo spreco alimentare delle famiglie italiane, sia sotto il profilo quantitativo che quello monetario.

Il contesto di riferimento è l’obiettivo generale di riduzione dello spreco alimentare. Il dimezzamento dello spreco alimentare pro-capite è infatti uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

Lo studio si basa su un campione rappresentativo di 1142 famiglie. Nel luglio 2018 è iniziata un’indagine su queste famiglie, da parte di Growth for Knowledge (GFK) Italy, un’agenzia di ricerca di mercato.

Gli adulti, riconosciuti come i responsabili degli acquisti alimentari e della preparazione dei pasti, sono stati valutati con un questionario auto-somministrato volto a quantificare lo spreco alimentare domestico. In seguito i dati raccolti, i primi in Italia in materia, sono stati collegati ed elaborati con i dati che GFK traccia sistematicamente sul Panel dei consumatori in termini di prodotti alimentari acquistati nei supermercati e nella grande distribuzione, sia come quantità di cibo acquistato, che registrandone il valore economico.

Per ogni alimento gettato via, prosegue il Crea, è stato chiesto anche lo stato dello spreco, diviso in quattro tipi: cibo completamente inutilizzato, cibo parzialmente usato, avanzi di un pasto e avanzi dopo essere stati conservati.

I risultati dell’indagine triennale hanno evidenziato come il campione analizzato di 1142 famiglie, rappresentativo del contesto italiano, abbia sprecato 399 kg di cibo a settimana, pari al 4,4% del peso del cibo acquistato, con un valore monetario totale dei prodotti alimentari sprecati di 1.052 euro, pari al 3,8% della spesa alimentare del campione.

Gli italiani prestano attenzione al tema dello spreco alimentare soprattutto per motivi economici ed etici. La crisi economica degli ultimi decenni potrebbe così spiegare anche altri dati, come quelli riportati in un’indagine Coldiretti del 2011, secondo cui la riduzione degli sprechi alimentari era collegata alle difficoltà economiche delle famiglie. Fra le misure per ridurre lo spreco, veniva segnalato un aumento dell’attitudine all’acquisto oculato (47% degli intervistati), una riduzione della quantità di cibo acquistata (31%), un aumento dell’uso degli avanzi per gli altri pasti (24%), e la massima attenzione alle date di scadenza (18%).

La mancanza di pianificazione degli acquisti aumenta le quantità di spreco alimentare e l’impatto sulla spesa alimentare. Al tempo stesso, questo potrebbe essere compensato dalle competenze dei consumatori e dalla conoscenza delle corrette pratiche di conservazione del cibo.

L’aumento di acquisto di cibo che c’è stato durante il lockdown non sembra aver portato a un aumento dello spreco alimentare.

In Italia, quando c’è un aumento delle quantità di cibo acquistato, come sperimentato dalle famiglie italiane durante il lockdown COVID-19 del 2020, questo non porta ad un aumento degli sprechi, ma piuttosto ad una riduzione – si legge nello studio – L’atteggiamento degli italiani è quello di mangiare tutti i cibi che vengono acquistati e cucinati, in particolare quelli a prezzo elevato. I dati attuali hanno dimostrato che il prezzo ha un ruolo nella generazione di spreco alimentare, con le categorie di alimenti con costi unitari elevati che erano meno sprecati e le categorie di alimenti con costo unitario basso che venivano gettate via in grandi quantità. I consumatori italiani sono molto sensibili all’impatto economico dello spreco e questo dovrebbe essere considerato un messaggio chiave nelle campagne di sensibilizzazione.