Consumi in frenata.

Confesercenti Cer: nel 2019, 3,6 miliardi in meno.

L’aggiornamento al ribasso delle previsioni per i consumi nell’anno 2019 potrebbe incidere negativamente anche sul Pil destinato a diminuire di 2,1 miliardi. Su tale debolezza incide fortemente il clima di incertezza e lo stallo del potere d’acquisto delle famiglie che nel 2019 è ancora ai livelli del 2011. Sono queste le principali osservazioni dell’analisi di Confesercenti Cer secondo la quale la frenata dell’economia contagia anche i consumi delle famiglie, che rallentano più del previsto. Per l’anno in corso la crescita della spesa si fermerà infatti ad un massimo di +0,4%, la metà dell’aumento stimato per il 2019 dal governo (+0,8%), per un totale di 3,6 miliardi di euro di consumi in meno. Il risultato peggiore degli ultimi cinque anni e un peso anche per il Pil, per il quale la minore crescita dei consumi si tradurrà in una perdita di 2,1 miliardi di euro.

Il dato conferma le maggiori difficoltà dell’Italia a superare la recessione rispetto agli altri paesi europei. Tanto che, a fine 2019, i consumi italiani a prezzi correnti saranno ancora 5 miliardi in meno dei livelli registrati nel 2011.

Le cause del rallentamento sono in prevalenza esterne, legate alle problematiche internazionali. Ma a pesare sui consumi italiani – e, di conseguenza, sullo sviluppo dell’intera economia – è certamente anche la mancata crescita del potere d’acquisto delle famiglie, fermo ormai da otto anni: nel 2019, infatti, è ancora invariato rispetto al 2011. Incide, inoltre, il deterioramento della fiducia degli italiani, dovuto ad un quadro economico percepito come meno favorevole, che scoraggia le decisioni di spesa.

Una situazione di stallo che ha influito pesantemente sul mercato interno e sulle PMI che ad esso fanno riferimento: nello stesso periodo, infatti, si registra la perdita di 360mila occupati indipendenti, tra imprenditori e collaboratori familiari, di cui quasi la metà (168mila) nel commercio.

A soffrire sono stati soprattutto i negozi indipendenti, sfavoriti ulteriormente dalla deregulation del commercio, che non solo non ha rilanciato i consumi, come oramai evidente, ma ha portato ad uno spostamento di quote di mercato verso le grandi strutture: mentre dal 2011 la grande distribuzione ha visto crescere di 5,9 miliardi il proprio fatturato, soprattutto grazie alla spinta dei discount, i negozi hanno perso oltre 10 miliardi di euro di vendite.

La spesa delle famiglie sta perdendo quota più rapidamente delle attese. La priorità è spezzare la spirale al ribasso imboccata dall’economia italiana, dando un segnale forte alle famiglie e alle imprese per dissipare il clima di incertezza. In primo luogo, confermando che lo stop degli aumenti IVA non sarà frutto di uno scambio con un taglio delle agevolazioni: non ha senso bloccare gli aumenti fiscali con altri aumenti.

Segnale negativo anche lo stop alla TAV: “Dobbiamo puntare con decisione allo sblocco degli investimenti, leva di crescita indispensabile per contrastare il ciclo negativo. A partire proprio da quelli per le infrastrutture, che sono centrali anche per il commercio e per il turismo. Altrimenti l’Italia sarà condannata a marciare a velocità ridotta.