Corruzione in Italia: rapporto 2016 di Transparency international

Anche quest’anno l’Italia è al penultimo posto nella classifica europea della corruzione nel settore pubblico percepita, peggio di noi solo la Bulgaria. È quanto emerso dal rapporto 2016 stilato da Transparency international, presentato a Roma il 12/12/2016 dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, dal presidente di UNIONCAMERE Ivan Lo Bello e da Virginio Carnevali, responsabile della sezione italiana di Transparency, associazione non governativa per la prevenzione e il contrasto della corruzione nel mondo.

Essendo la corruzione di per sé un dato incalcolabile, la classifica riporta la percezione, questa percezione è calcolata sulla base di pareri e indicazioni fornite da 11 diverse istituzioni che coinvolgono uomini d’affari ed esperti, di come il malaffare incida sull’economia e la gestione della cosa pubblica.

La classifica assegna un punteggio che va da 0 a 100 dove al punteggio più alto si riconosce una minore incidenza della corruzione. In questa classifica l’Italia ha 44 punti contro una media europea di 67 punti, facendosi scavalcare anche a livello mondiale da paesi come Capo Verde (55) Ruanda (54) Namibia (53) e Ghana (47).

Sono anche altri gli indicatori che confermano questi dati, secondo l’eurobarometro curato dalla Commissione europea il 97 per cento dei cittadini considera il fenomeno diffuso, molto diffuso (58 per cento) o abbastanza diffuso (39 per cento). Anche il sondaggio effettuato dall’Ipsos nel 2010, e utilizzato per un rapporto di Confindustria del 2014, conferma l’allarme sul fronte di imprenditori o aziende che non investono in Italia; tra questi, «l’11 per cento ha espresso un giudizio molto negativo sullo stato della corruzione nel nostro Paese e il 51 per cento negativo». Totale, 62 per cento, quasi due terzi.

Forse, per mantenere e attirare investitori onesti nel nostro Paese sarebbe auspicabile un intervento forte per una inversione di tendenza sulla corruzione e non volere intervenire solo sul costo del lavoro o la tassazione misure che in ogni caso impoveriscono il Paese.