Caraffe filtranti sotto accusa.

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Si avvicina il giorno del “giudizio” per le caraffe filtranti, le brocche per trattare le acque domestiche, finite nell’occhio del ciclone oltre tre anni fa col sospetto di essere nocive per la salute. Il prossimo 9 giugno, infatti, dovrebbe finalmente aprirsi il processo a carico di una delle aziende leader nel settore, la Brita, alla “sbarra” per violazione del “Codice del consumo”.
L’inchiesta, curata dal procuratore di Torino Raffaele Guariniello, aveva preso le mosse da un esposto del 2011 con cui Mineracqua (l’associazione dei produttori di acque minerali), sulla base di analisi svolte dall’Università La Sapienza di Roma, denunciava che le acque trattate da alcune caraffe filtranti risultavano “peggiori” di quelle pre-filtraggio: impoverite di alcuni elementi nutritivi e contaminate dalla presenza di corpi estranei.

A confermare le analisi dell’ateneo romano erano stati, anche, gli accertamenti disposti dalla Procura di Torino e le analisi svolte dai Nas, i nuclei anti-sofisticazioni dei Carabinieri. Gli uni e gli altri avevano rilevato, dopo il passaggio nei filtri a carbone attivi delle caraffe, un’acqua troppo povera di calcio e magnesio e con valori superiori ai limiti consentiti di sodio e potassio, con il rischio di causare problemi renali a quei soggetti che hanno bisogno di diete povere di sodio.

Sotto accusa, in particolare, è il modello della Brita chiamato “Marella”: secondo le perizie avrebbe rilasciato nell’acqua filtrata ioni di ammonio in quantità superiore ai parametri fissati dall’Efsa (5 milligrammi per litro), con potenziali rischi per la salute, specialmente per i consumatori affetti da disfunzioni renali.
Ed è proprio per questo modello che tra due mesi il legale rappresentante di Brita Italia, George Mac Gregor, sarà processato: dopo due anni d’indagini, analisi e perizie, infatti, lo scorso anno il giudice ha deciso il rinvio a giudizio dell’azienda per violazione del codice del consumo e ha fissato la prima udienza del processo per il prossimo 9 giugno.

L’accusa, portata avanti dal procuratore Guariniello, è che sulla confezione e nelle istruzioni del prodotto non siano mai stati segnalati ai consumatori i possibili effetti collaterali sull’acqua filtrata e l’eventuale rilascio di questi componenti “nocivi”.

 

Bisogna, però, dire anche che, dall’inizio dell’inchiesta, le cose nel mondo dei sistemi di filtraggio dell’acqua sono decisamente migliorate.

 

A mettere un po’ d’ordine e a dettare le regole di riferimento per le aziende che operano nel settore del trattamento delle acque domestiche, è stato, nel marzo del 2012, l’allora ministro della Salute, Renato Balduzzi con un decreto di cui si attendono a breve le linee guida.

Nel documento ministeriale si fissano, in pratica, obblighi più stringenti (cui tutte le aziende, anche la Brita, si sono via via adeguate) circa le informazioni da dare ai consumatori: spiegare chiaramente nella confezione la funzione e l’effetto che si produce nell’acqua trattata e dettare in modo preciso i tempi e i modi di manutenzione.